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MARINAI SOTTO SEQUESTRO

di Annamaria "Lilla" Mariotti



Il mare è un mondo a se, dove tutto può avvenire, tutti lo sanno, quello che non tutti sanno è che le leggi e le regole che valgono sulla terraferma, non sono valide in mare, che ha le proprie leggi e regole, note solo agli addetti ai lavori e che spesso possono lasciare un po’ perplesso il profano.
Questo viene dimostrato dalla storia  di una delle tante navi che vengono sequestrate  nei porti di mezzo mondo perché  gli armatori non  fanno  fronte  ai pagamenti  e quando il debito supera il valore della nave  l’Armatore si eclissa  e fa perdere le sue tracce  lasciando  l’equipaggio  alla  mercé   dei fornitori  che  reclamano il loro credito.
Di questo fatto, avvenuto a Genova un anno fa, esattamente nel Febbraio del 2009. sono venuta a conoscenza, quasi per caso, da pochi giorni, ascoltando un racconto del Com.te Giovanni Camozzi, Presidente della Società Capitani e macchinisti di Camogli, il quale mi ha poi raccontato tutti i dettagli della situazione. La nave Tan  Trader, battente bandiera turca, una delle tante carrette del mare  che armatori di pochi scrupoli mandano per mare con equipaggi misti ad affrontare tutte le difficoltà possibili - tanto se nave, equipaggio e carico vanno persi può intervenire una provvidenziale assicurazione a sistemate tutto – è arrivata a Genova  e è stata subito posta sotto sequestro dalle Autorità  Marittime  perché  l’Armatore, sparito nel nulla,   non aveva pagato i debiti della nave e naturalmente nemmeno l’equipaggio.   


   



In questo particolare caso l’equipaggio era formato in massima parte da turchi e solo quattro uomini di etnia Azera – tra i quali il Direttore di Macchina - provenienti dall’ Azerbaijan, una repubblica laica ed unitaria con la democrazia emergente, il paese più grande del Caucaso sia per superficie sia per popolazione.  
I membri dell’equipaggio di nazionalità turca, sono riusciti a rientrare in patria quasi subito, mentre   i quattro Azeri sono stati trattenuti come unici responsabili del problema dei debiti;  infatti questi superstiti  dell’Organico  si sono ritrovati praticamente prigionieri in Italia perché  le Autorità Marittime  volevano completare le indagini prima di lasciarli liberi. Le stesse Autorità hanno addotto  la scusa che serviva un minimo di equipaggio per movimentare la nave, in caso di necessità. Il fatto che un equipaggio debba essere responsabile dei guai causati da un armatore sparito nel nulla  è  una cosa incomprensibile e in questo caso, cosa potevano fare quattro marinai, originari di una lontana regione caucasica, e senza un soldo in tasca ?.  Tuttavia nella  marina mercantile questa è la regola, se l’Armatore di una nave che arriva in un porto – in un qualsiasi porto del mondo - non ha pagato i creditori, questi possono chiedere  di mettere sotto sequestro  la nave  e anche il suo equipaggio  è a garanzia  dei  creditori stessi.
Ed ecco le differenze tra le leggi marittime e quella della terraferma. Perché ci sono due pesi e due misure ? Se un’industria  a terra fallisce gli impiegati e le maestranze non sono certamente incolpati del fallimento, si trovano senza lavoro, il che è tragico, ma possono tornare alle loro case e non rimanere prigionieri all’interno dello stabilimento. In mare, invece, l’equipaggio oltre  a non aver percepito il  proprio compenso  deve anche  rendersi garante per l’Armatore. Non è forse ora  che questa normativa internazionale venga presa in considerazione e modificata ?  Ci sono testimonianza di marinai italiani che hanno subito lo stesso trattamento in porti stranieri per aver avuto la mala sorte di essersi imbarcati su navi i cui armatori non hanno fatto fronte ai debiti accumulati e i racconti fatti da questi marittimi fanno accapponare la pelle  ascoltando le ingiustizie che hanno dovuto subire.
Ma a parte queste considerazioni è nato il problema della sopravvivenza di questo piccolo gruppo di uomini, che non erano assolutamente in grado di provvedere per conto loro. L’Associazione Stella Maris di Genova, retta da un sacerdote che da dieci anni si attiva per sostenere marittimi in difficoltà, ha provveduto a procurare i pasti per i membri dell’equipaggio, mentre Il Com.te Giovanni Camozzi ha allertato i suoi collaboratori e i soci della Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli coinvolgendo anche altre associazioni camogliesi e riuscendo a raccogliere 400 euro che sono stati consegnati al Direttore di Macchina per affrontare la prime spese necessarie per tornare in patria.

   

E’ stata anche contattata l’Ambasciata dell’ Azerbaijan a Roma che ha provveduto a fornire ai quattro marinai i biglietti aerei per il ritorno.
Finalmente a Luglio i quattro marinai sono riusciti a sbarcare e a partire per il loro paese dove, probabilmente, si saranno di nuovo imbarcati – questa è la loro vita – ma si spera sulla nave di un Armatore più affidabile.  
La loro avventura non è un caso isolato e i marinai azeri non ne riporteranno certo un buon ricordo.   Tutto quello che possiamo augurarci è che nel frattempo la giustizia abbia fatto il suo corso e che l’insolvibile armatore sia riuscito a pagare i suoi debiti o, almeno, che sia finito in galera.
        
                          




 
 
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