Racconto classificato al primo posto alla 31ma edizione del Premio Letterario Internazionale “Santa Margherita Ligure – Franco Delpino” – Novembre 2008 e pubblicato  


IL SEGRETO DELLE TRE ESSE
di Annamaria "Lilla" Mariotti

Tanto, tanto tempo fa, esisteva un piccolo reame dominato da un monte prospiciente il mare, un monte chiamato Portofino, ricco di boschi di pini marittimi e di olivi, su cui crescevano cespugli di un’erba lunga e sottile e di mirto, e che in primavera ed in estate sfavillava di mille fiori colorati, alla cui base si stendeva un villaggio di pescatori dallo stesso nome, formato da tante belle casette bianche, e, sul retro, le reti stese ad asciugare.  Il villaggio era modesto, ma la gente viveva felice e serena. Nel piccolo porticciolo le barche dondolavano pigramente  in attesa che gli uomini, all’alba o al tramonto, partissero verso il largo per catturare il prezioso pesce che rappresentava il benessere per tutta la popolazione ed al ritorno coltivavano dei piccoli orti che si inerpicavano su per la collina per procurare vegetali freschi alla loro famiglia.





Quando gli uomini uscivano a pescare e le donne, seduta nella
piazzetta, lavoravano i pizzo al tombolo, ricavando trine delicate come fiocchi di neve, che usavano per ornare la biancheria dei corredi delle loro figliole, quando andavano spose, e alle volte li vendevano a stranieri di passaggio.

Nel piccolo porticciolo le barche dondolavano pigramente  in attesa che gli uomini, all’alba o al tramonto, partissero verso il largo per catturare il prezioso pesce che rappresentava il benessere per tutta la popolazione.  


  

In cima al monte troneggiava il castello del Re, era giovane, ma era un omino piccolo e di gracile costituzione, tanto che sembrava sparire sotto il peso della corona. Ogni tanto gli piaceva scendere dal suo palazzo e recarsi a visitare il villaggio con tutto il suo seguito, gli piaceva attraversare la strada principale acclamato dalla gente, perché era un Re abbastanza vanitoso, ma era anche buono, ed amava i suoi sudditi.


Nonostante governasse su un piccolo regno di pescatori, al Re piaceva cacciare, e passava spesso le giornate a cavallo, all’aria aperta sulla montagna a caccia di lepri e fagiani, con la speranza che questo giovasse alla sua salute. 

 

Durante una di queste spedizioni un sentiero che non aveva mai percorso lo portò ad una piccola insenatura sul mare, dove vide una casetta, con la caratteristiche reti stese sui pali nel cortiletto dietro la casa, e sul davanti un bel pergolato di vite vergine, che ricopriva un tavolone di legno con delle sedie intorno.  Nella baia, protetta dai venti e dal mare,  era ormeggiata una barca.  Il Re non era mai arrivato fino alla casetta solitaria vicino alla baia, ma ne aveva sentito parlare, e sapeva che vi abitava un vecchio pescatore, così decise di andare a conoscerlo.


Da dietro la casa provenivano dei rumorosi tonfi ed il Re, incuriosito e desideroso di incontrare questo suo suddito solitario,  ordinò al seguito di fermarsi, scese da cavallo e si avviò verso quei rumori.  Con sua grande sorpresa vide un uomo alto e abbronzato, con i capelli appena incanutiti, con le spalle possenti ed un fisico muscoloso che gli dava l’aspetto di un uomo giovane, sano e robusto e che, a torso nudo, stava zappando vigorosamente un piccolo appezzamento di terreno, tutto a terrazze, sostenute da muretti a secco.  Appena l’uomo vide chi gli avvicinava posò immediatamente la zappa e si inchinò con riverenza per salutare il suo Sovrano.  Il Re lo fece alzare e gli chiese : “Sei tu l’uomo che vive in questa casa e che mi hanno detto sia avanti negli anni ?”  “Sono io, Maestà”, rispose il pescatore ”e di anni ne ho tanti che ho perso il conto”.  Il Re ribatté : “ Dimmi allora, buon uomo, qual è il tuo segreto per mantenerti così in buona forma ?”  e l’uomo rispose : “E’ un segreto, Maestà, il segreto delle Tre Esse, ma è un segreto che non posso rivelare a nessuno”  “Nemmeno al tuo RE ?”, “No, Sire” rispose l’uomo “ neppure al mio Re”.

A questo punto il Sovrano del piccolo regno tornò al castello con tutto il suo seguito, ma per molti giorni continuò a pensare a quell’uomo robusto ed a quello che gli aveva detto.  Finalmente, una mattina, chiamò il suo seguito e partì a cavallo diretto alla casetta solitaria vicino alla baia.  L’uomo stava rammendando le reti nel cortile ed ancora una volta andò incontro la suo Re per rendergli omaggio, ma quando il Sovrano gli chiese ancora di rivelagli il segreto delle Tre Esse, l’uomo di nuovo si rifiutò, dicendogli che un tale segreto non poteva essere rivelato proprio a nessuno.

Passò un po’ di tempo, ed il Re continuava a pensare all’uomo e a quel mistero, poi un giorno si diresse di nuovo alla casetta, sempre con il suo seguito, ma questa volta portò anche le guardie.  Quando arrivò chiese ancora all’uomo : “Vuoi rivelarmi il segreto delle Tre Esse ?”  ma l’uomo rispose ancora che, sulla sua vita, proprio non poteva.  Il Re minacciò di farlo arrestare, ma il pescatore insistette nel suo diniego ed il Re tornò al suo  Palazzo.


   

Passarono giorni e giorni, poi il Re decise di tornare dal pescatore 
e ancora questa volta fu accompagnato dal suo seguito e dalla guardie.  Come sempre l’uomo uscì dalla casa mostrando grande rispetto ed ancora una volta il Re gli chiese : “Allora, vuoi rivelarmi questo tuo segreto ?  Ricordati che io sono il tuo Sovrano e che così mi manchi grandemente di rispetto”.  Il pescatore, pur eretto e fiero nella sua alta statura, si inchinò e si scusò, ma ripeté che quel segreto non poteva proprio essere rivelato a nessuno, neppure ad un Sovrano, ed allora il Re ordinò alla sua guardia di arrestarlo e di buttarlo in una segreta nel sotterraneo del suo Castello e così fu fatto.




Passò un po’ di tempo, poi il Re in persona scese nel sotterraneo ed entrò nella cella dove era rinchiuso il prigioniero.  L’uomo giaceva sulla paglia, aveva quasi perduto la sua abbronzatura ed anche i capelli apparivano più bianchi.  Il Re ripeté la sua domanda ed ancora una volta ottenne un diniego, così se ne tornò nei suoi appartamenti.   Passò altro tempo, ed il Re tornò a visitare il prigioniero.  L’uomo si alzò con fatica dalla paglia su cui giaceva, la sua abbronzatura era sparita del tutto, i capelli erano ancora più bianchi, e le spalle si erano un po’ incurvate ma ancora si rifiutava di rivelare il segreto.

Il Re non si dava per vinto, non voleva distruggere quell’uomo, solo vincere la sua cocciutaggine, così dopo qualche giorno scese ancora nelle segrete e questa volta l’uomo si alzò a stento dal suo giaciglio, sembrava invecchiato di cento anni.  Il Re gli disse: “Non vorrai morire qui, svelami il tuo segreto e ti lascerò libero”.  L’uomo gli rispose : “Fammi avere un po’ di sale per insaporire il mio cibo, un po’ di sapone per la pulizia del mio corpo ed un po’ di sole per rinvigorirlo, ed allora te lo svelerò”.

Il Re ordinò che il prigioniero fosse trasferito in una cella al di sopra del fossato, dove da una grande inferriata entrava il sole tutto il giorno ed inoltre ordinò che gli fosse dato quanto aveva chiesto.

Era passato ancora un po’ di tempo quando il Re decise di tornare a visitare il prigioniero e quale fu la sua sorpresa nel vedere che il corpo dell’uomo, di nuovo abbronzato, aveva riacquistato tutta la sua vigoria.  Anche se i capelli erano rimasti bianchi, ora l’uomo era di nuovo diritto come un fuso, il suo corpo era di nuovo abbronzato ed aveva di nuovo un aspetto forte e sano.  Il Resi meravigliò moltissimo , ma non demordeva e gli disse : “Hai avuto quanto hai chiesto, sei pronto a rivelarmi il tuo segreto ?”.  L’uomo rispose : “Maestà, ve l’ho già rivelato l’ultima volta che siete venuto a trovarmi, quando vi chiesi del SALE per il mio cibo, del SAPONE per la pulizia del mio corpo e del SOLE per rinvigorirlo. “Questo è il segreto delle TRE ESSE, ed ora anche Voi ne siete a parte”.  Il Re ordinò di scarcerarlo e di rimandarlo alla sua casa, e così fu fatto.




Appena tornato nelle sue stanze il Re ordinò ai suoi servi di togliere dalle finestre le enormi tende di velluto che le oscuravano e di tenerle sempre aperte nella bella stagione per lasciare che il sole arrivasse in tutti gli anfratti del castello.   Poi scese in cucina e chiese al capo cuoco di insaporire e di variare di più il suo cibo, fino a allora scipito e cucinato senza molta cura per un Re inappetente.   Poi chiese al ciambellano di mettere nella stanza vicino alla sua camera una grande vasca da bagno, con una buona riserva di sapone.


Passò ancora del tempo, molto questa volta, ed un giorno l’uomo, mentre lavorava nel suo orto, sentì arrivare la Corte Reale,ed andò incontro al suo Sovrano per rendergli omaggio, non serbava rancore nel suo cuore.  Ma non appena vide il suo Sovrano, un largo sorriso gli illuminò il volto.  Il Re aveva perduto  il suo aspetto emaciato, il suo viso era abbronzato, le sua spalle erette e scese da cavallo con una vigoria che non aveva mai mostrato prima.   Il Re andò incontro all’uomo e gli disse : “Mastro Tommaso (poiché era venuto a conoscenza del nome del suo suddito), guarda come è cambiato il mio aspetto grazie a te. “Posso entrare nella tua casa e dividere con te il tuo cibo ?”.  Mastro Tommaso si inchinò ed i due uomini entrarono insieme nella casetta dove condivisero un buon pasto a base di pesce e bevvero del buon vino.

Appena finito di mangiare il Re chiese ancora . “Perché non mi hai rivelato subito il tuo segreto, senza dover patire la prigione a causa sua ?”   Tommaso rimase un attimo silenzioso, poi disse : “Maestà, se vi avessi detto fin dal primo giorno che io dovevo la mia salute e la mia forza al cibo saporito, alla pulizia del corpo ed alla vita all’aria aperta, mi avreste preso per sciocco o per pazzo e forse nella segreta ci sarei finito lo stesso, senza più uscirne.  In questo modo ho potuto darvi la dimostrazione che quanto dicevo era vero e giusto e così anche voi avete potuto trarne vantaggio”.   Il Re gli tese la mano e disse : “Da oggi desidero che tu non mi chiami più Maestà, ma che tu mi consideri un amico e che tu mi consenta di frequentare come tale la tua casa quando scenderò alla baia, per gioire della tua compagnia, del buon cibo che mi offri e della tua saggezza”. Tommaso strinse la mano che il Re gli porgeva e così fu.

La loro amicizia durò lungo, lungo tempo ed il Re regnò sul suo piccolo Reame con giustizia e saggezza per molti, molti anni.






 
 
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